Essendo un evento di rievocazione storica voglio riportarVi, attraverso un articolo di Gianni Mura, al 1966 dove nel Giro d’Italia si trovavano a competere per la Maglia Rosa campioni di alto calibro come lo stesso Tacconi poi Gimondi, Motta, Anquetil, Jimenez, Bitossi, Adorni e molti altri.
Mura, giovanissimo 21enne, assunto alla "Gazzetta dello Sport" seguira tutto il Giro e questo è l'articolo della prima tappa:
TACCONE, IL PIU PRIMO DEI DUE PRIMI
Diana Marina, 18 Maggio.
Così di colpo trasportati in clima di battaglia, si stenta a credere di aver vissuto i primi ottanta chilometri, almeno di questa tappa epica, in un penoso, pensoso dormiveglia, senza consolazione alcuna nemmeno nel paesaggio, accettabile solo dalla frontiera a Ventimiglia. Accettabile lo sarà più tardi, nei saliscendi dell’entroterra: eriche, ginestre, vecchie case, ma allora non ci sarà più il tempo di perdercisi dietro, inchiodati ai cronometri, più o meno accurati, storiografi di questo primo atto della guerra santa. Bianchi colombi sono stati spediti verso Sud, affinché anche nei più sperduti casolari d’Abruzzo si sappia la lieta novella. Ghiottissime coincidenze. L’anno scorso primo Mealli, secondo Taccone, quest’anno viceversa. E poi, Taccone, Vituzzo nostro, l’umiliato ed offeso, il povero, il diseredato che quest’inverno aveva sbandierato seri propositi di rinuncia, per cui lo si sarebbe visto nella veste di coltivatore diretto (“stavolta ho proprio deciso”), come non può far impazzire le corde dell’entusiasmo popolare? Evviva, qui, e fiaccole sotto il moggio e sopra il poggio, e cori da pastori della Maiella sull’aria di noti motivi: Tic Tac, Tic Tac, Taccone.Certo, a proposito di diseredati, è probabile che Victor Hugo se la caverebbe meglio di noi, ma sapete com’è il proverbio: “chi muore giace e chi vive si dà al bel tempo” – bel tempo relativo, poi; uno sta tranquillo in un angolo a scrivere un modesto magnificat e gli giunge voce che Taccone è primo, ma che primo è anche Mealli. Anzi, che sono primi tutti e due, ma che forse il primo Mealli è più primo del primo Taccone. Momenti di Ansia. Come apertura non c’è davvero male, quando a suspense. Pensare che all’inizio tutto pareva normale, da giornata di tregua. I motivi non li sappiamo. Fatto sta che pochissimo si impegnarono al traguardo tricolore di Bordighera, vinto da Manza su Marcoli e Andreoli. Tre elementi che alla classifica dei traguardi tricolori tengono molto, anche perché, su quella generale, saggiamente non si fanno illusioni. Poi il vuoto, nel block notes. Da Battistini viene la scintilla, l’inizio del fuoco d’artificio. Battistini, giallo-ligure di fiere tradizionali, asciutto come un frassino, con un gran naso al vento, lega con Jimenez e Motta, ma dura poco. Il Tempo che molta gente si accorga che è venuto il momento di svegliarsi. Nel gioco degli italiani si trova incastrato Jimenez, pelato scalatore con apparenze ecclesiastiche nell’aspetto, che si rassegna di buon grado a far parte dello spettatore in mezzo ad un gruppo di matti lucidamente scatenati… Motivo della pazzia, assai vicina all’entusiasmo, la caduta di Anquetil. Caduta metaforica e dunque assai più sostanziosa e incoraggiante. L’ammalato (di sfiducia) ha preso un brodo, e visto che tutti gli italiani di classifica sono nel gruppo di testa ci si lascia andare a manifestazioni di giubilio con le quali bisogna ferire i colleghi francesi, in cui la galloria gratuitamente nazionalistica, neppure lontana parente del tanto laudato “esprit gaulois”, supera a volte, e le trascende, le considerazioni tecnico-tattiche contingenti, con conseguenze che possono alla lunga essere spiacevoli. L’entusiasmo pudico, ad ogni modo, non impedisce di notare l’impegno di Gimondi nello sprint. V’era da aspettarselo, conoscendo le strade del suo cuore. Tra un alleluia e l’altro passa il tempo, e finalmente si apprende per certo che Taccone ha vinto. Contentezza generale, meno che nel clan di Anquetil. Certo che il richiamo alla realtà è stato brusco, certo anche che saprà reagire da par suo, ma intanto, a tre minuti e rotti, conosce il sapore della caduta. Della disfatta. La Saint Bathelemy, giù dal Saint-Barthelemy.
Da “La gazzetta dello Sport” 19 Maggio 1966
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