giovedì 15 ottobre 2020

DEDICATO A VITO TACCONE

La 3’ edizione della Ciclostorica “dalle Cascate Al Lago”, nonché quarta tappa delle “Ciclostoriche del Sud – Giro delle Regioni” è dedicata a Vito Taccone (Avezzano 06/05/1940 – 15/10/2007) conosciuto come “il Camoscio d’Abruzzo”. 

Essendo un evento di rievocazione storica voglio riportarVi, attraverso un articolo di Gianni Mura, al 1966 dove nel Giro d’Italia si trovavano a competere per la Maglia Rosa campioni di alto calibro come lo stesso Tacconi poi Gimondi, Motta, Anquetil, Jimenez, Bitossi, Adorni e molti altri. 

Mura, giovanissimo 21enne, assunto alla "Gazzetta dello Sport" seguira tutto il Giro e questo è l'articolo della prima tappa:

 

TACCONE, IL PIU PRIMO DEI DUE PRIMI 

Diana Marina, 18 Maggio. 

Così di colpo trasportati in clima di battaglia, si stenta a credere di aver vissuto i primi ottanta chilometri, almeno di questa tappa epica, in un penoso, pensoso dormiveglia, senza consolazione alcuna nemmeno nel paesaggio, accettabile solo dalla frontiera a Ventimiglia. Accettabile lo sarà più tardi, nei saliscendi dell’entroterra: eriche, ginestre, vecchie case, ma allora non ci sarà più il tempo di perdercisi dietro, inchiodati ai cronometri, più o meno accurati, storiografi di questo primo atto della guerra santa. Bianchi colombi sono stati spediti verso Sud, affinché anche nei più sperduti casolari d’Abruzzo si sappia la lieta novella. Ghiottissime coincidenze. L’anno scorso primo Mealli, secondo Taccone, quest’anno viceversa. E poi, Taccone, Vituzzo nostro, l’umiliato ed offeso, il povero, il diseredato che quest’inverno aveva sbandierato seri propositi di rinuncia, per cui lo si sarebbe visto nella veste di coltivatore diretto (“stavolta ho proprio deciso”), come non può far impazzire le corde dell’entusiasmo popolare? Evviva, qui, e fiaccole sotto il moggio e sopra il poggio, e cori da pastori della Maiella sull’aria di noti motivi: Tic Tac, Tic Tac, Taccone. 

Certo, a proposito di diseredati, è probabile che Victor Hugo se la caverebbe meglio di noi, ma sapete com’è il proverbio: “chi muore giace e chi vive si dà al bel tempo” – bel tempo relativo, poi; uno sta tranquillo in un angolo a scrivere un modesto magnificat e gli giunge voce che Taccone è primo, ma che primo è anche Mealli. Anzi, che sono primi tutti e due, ma che forse il primo Mealli è più primo del primo Taccone. Momenti di Ansia. Come apertura non c’è davvero male, quando a suspense. Pensare che all’inizio tutto pareva normale, da giornata di tregua. I motivi non li sappiamo. Fatto sta che pochissimo si impegnarono al traguardo tricolore di Bordighera, vinto da Manza su Marcoli e Andreoli. Tre elementi che alla classifica dei traguardi tricolori tengono molto, anche perché, su quella generale, saggiamente non si fanno illusioni. Poi il vuoto, nel block notes. Da Battistini viene la scintilla, l’inizio del fuoco d’artificio. Battistini, giallo-ligure di fiere tradizionali, asciutto come un frassino, con un gran naso al vento, lega con Jimenez e Motta, ma dura poco. Il Tempo che molta gente si accorga che è venuto il momento di svegliarsi. Nel gioco degli italiani si trova incastrato Jimenez, pelato scalatore con apparenze ecclesiastiche nell’aspetto, che si rassegna di buon grado a far parte dello spettatore in mezzo ad un gruppo di matti lucidamente scatenati… Motivo della pazzia, assai vicina all’entusiasmo, la caduta di Anquetil. Caduta metaforica e dunque assai più sostanziosa e incoraggiante. L’ammalato (di sfiducia) ha preso un brodo, e visto che tutti gli italiani di classifica sono nel gruppo di testa ci si lascia andare a manifestazioni di giubilio con le quali bisogna ferire i colleghi francesi, in cui la galloria gratuitamente nazionalistica, neppure lontana parente del tanto laudato “esprit gaulois”, supera a volte, e le trascende, le considerazioni tecnico-tattiche contingenti, con conseguenze che possono alla lunga essere spiacevoli. L’entusiasmo pudico, ad ogni modo, non impedisce di notare l’impegno di Gimondi nello sprint. V’era da aspettarselo, conoscendo le strade del suo cuore. Tra un alleluia e l’altro passa il tempo, e finalmente si apprende per certo che Taccone ha vinto. Contentezza generale, meno che nel clan di Anquetil. Certo che il richiamo alla realtà è stato brusco, certo anche che saprà reagire da par suo, ma intanto, a tre minuti e rotti, conosce il sapore della caduta. Della disfatta. La Saint Bathelemy, giù dal Saint-Barthelemy. 

Da “La gazzetta dello Sport” 19 Maggio 1966 

venerdì 9 ottobre 2020

LIBERO... LIBERO DAL MAL DI GAMBE

'UN LIBRO SCRITTO DA UN NON CAMPIONE PER DEI NON CAMPIONI'
 

Così l'autore Luca Casadeo definisce il suo libro “Libero… Libero dal mal di gambe” durante la presentazione svoltasi lo scorso venerdì 02 Ottobre al Good Mixer Bar di Scauri (LT), spalla a spalla con il nostro amico/cicloamatore Antonio Scipione degli Aurunci Cycling Team.
 

Abbiamo 'sbobinato' da una diretta facebook i punti salienti della sua presentazione e pubblicato le sue parole sperando di fare cosa gradita per chi non ha avuto il piacere di ascoltarle:

 

'Il libro non parla di me, ma uso “me” per raccontare cosa mi ha insegnato il ciclismo e come può essere applicato nella vita sociale, nell’ambito familiare, lavorativo e così via…

Qualcuno probabilmente mi conosce avendomi visto in televisione o per quelle che vengono definite “Imprese” fatte in bicicletta, ma nessuno conosce ciò che davvero mi rende molto orgoglioso: il fatto di essere il ciclista più longevo, ossia il ciclista che ha partecipato nella categoria élite a cinquant’anni non trascinandosi, ma vincendo: nel libro racconto come tutto questo sia avvenuto.
In cinquant’anni ho corso ed ottenuto qualche risultato, dando per scontato che i requisiti fondamentali per avere successo nel  ciclismo fossero principalmente tre: riposo, alimentazione e allenamento, ciascuno in percentuale pari al 30%; nel restante 10%  inserivo "varie" e condizione mentale. Sono cresciuto, quindi, pensando che la percentuale "mentale" fosse solo una parte di quel 10%, ma adesso, ragionando con un bel bagaglio di esperienza sulle spalle, direi che il nostro modo di pensare cambia molto il nostro stato d’animo e di conseguenza il risultato dell’allenamento.


Fatta questa esperienza, decisi di abbandonare il professionismo in buona forma fisica e non quando stavo male. In seguito mi fu proposto di fare dei programmi televisivi come “Consigli del Coach” oppure “Bike Academy”, ovviamente accettai, ma ritrovandomi nel mondo amatoriale, scoprii che era totalmente differente da quello che conoscevo.
Quello dei cicloamatori è un mondo fatto di tabelle,Garmin, dati, kom etc, ma a mio parere privo delle basi di insegnamento del saper andare in bicicletta, che nel libro cerco di spiegare, sottolineando l'importanza dell'atteggiamento positivo che si dovrebbe avere quando si pedala. Sulla base di questo ragionamento ho innalzato il dato percentuale dedicato alla 'mente' abbassando di cinque punti percentuali i tre pilastri originari e portando tutti e quattro i valori al 25%.
Al pubblico che mi ascolta, così eterogeneo, una cosa importante che mi viene in mente da dire è che le tabelle di cui abbiamo parlato prima, basate su algoritmi ma soprattutto su statistiche, per quanto personalizzate non possono mai essere reali. Un allenamento va contestualizzato persona per persona e soprattutto siamo noi a sapere chi siamo, quale ruolo vogliamo avere nel mondo del ciclismo e quali sono i nostri obbiettivi. Ho provato tramite il libro a spiegare che, oltre le tabelle, ci sono altri modi di migliorare ed ho ricevuto molti apprezzamenti da chi lo ha letto.
Detto questo non mi definisco un antiprogressista , anzi, spesso guardo molto oltre, però mi piace far capire a chi non proviene dal mondo dei ciclisti professionisti, che migliorandosi dell’1% su cento cose si possono avere risultati sorprendenti, semplici e veloci: nel libro parlo proprio di queste cento cose. Ovviamente non dirò mai di abbandonare le tabelle, ma si può provare ad affiancarle ai miei suggerimenti o alternarle ad essi.
In conclusione, nel libro racconto come effettuare questo cambiamento e quali sono le domande da farci  se vogliamo migliorare… ho usato la mia pratica per passare la teoria.

 
 


Alle domande della nostra cara amica Marianna Chianese su quanto fossero diversi gli allenamenti per i ciclisti del dopoguerra, senza tutte le accortezze citate, se le ciclostoriche sono di suo gradimento e come meglio prepararsi per affrontarne una, Salvadeo risponde così:
 

Le ciclostoriche raccontano il ciclismo prima degli anni ottanta (anni di svolta) e io li ho vissuti da sei a dodici anni. Odiavo quel periodo, amavo le biciclette, ma non sopportavo le maglie di lana: già da bambino ero consapevole che, contrariamente a tutto quello che si diceva, la maglia di lana tiene caldo d’estate e freddo d’inverno e, come se non bastasse, si usava la pancera di lana, altrimenti in discesa venivano le congestioni. Inoltre, all’epoca, il fondello era in pelle di daino e, avendo ognuno di noi poco abbigliamento sportivo, quando si tornava a casa dall’allenamento bisognava lavare i panni e metterli sui termosifoni ad asciugare, così la lana si infeltriva e la pelle di daino diventava carta vetrata. Quindi non ho ricordi molto belli 😱.

 

Tre anni fa, però, fui invitato a partecipare a una ciclostorica e, avendo già una Colnago anni ’80 e l’abbigliamento d’epoca, decisi di accettare (tra l’altro, nel libro parlo dell’avvento della licra). Pensavo di trovare una festa in maschera dove le persone si travestivano da ciclisti d’epoca, invece partecipando notai che le mani andavano tranquillamente a cambiare sul tubo obbligo e che, istintivamente, avendo i puntapiedi, con i piedi toccavo leggermente il pedale, la gabbietta si girava e la scarpa entrava, per cui sono tornati a galla tutta una serie di meccanismi ed automatismi che avevo solo momentaneamente archiviato. Per questo dico sempre che posso allenarmi quanto voglio, ma se imparo ad andare in bicicletta, quello è per sempre. Alla fine di quella ciclostorica, entusiasta di quello che avevo vissuto, mi sono iscritto, pochi mesi dopo, alla Milano/Sanremo e l’ho percorsa, con lo stupore di tutti i partecipanti, con la mia Colnago d’epoca.
 

Di nuovo al microfono, Marianna dopo aver illustrato all’autore il Premio Letterario Nazionale dedicato alla bicicletta, nato a Minturno, “Il Bicicletterario – Parole in Bicicletta”, sottolineando l'interessante connubio tra bicicletta e letteratura, chiede se andare in bicicletta, secondo lui, aumenti l'ispirazione o la limiti.

Quello che tutti noi sappiamo è che possiamo modificare i nostri muscoli e il nostro corpo allenandoci, quello che a molti sfugge, invece, è che possiamo modificare e allenare anche i nostri pensieri, la nostra mente.
Banalmente dico che i nostri pensieri, il nostro stato d’animo sono la conseguenza di fattori biochimici. Se siamo stressati produciamo l’ormone dello stress, il cortisolo, se siamo in uno stato di euforia produciamo le endorfine e per questo motivo notiamo che le persone davanti a uno stesso evento reagiscono in maniera differente. Nel libro cerco di spiegare come allenare la mente ad essere libera da stress e cercare in qualche modo di tenere alte le endorfine.  


Questo è il resoconto della piacevole serata trascorsa in compagnia di Luca Salvadeo, non ci resta che invitarvi a far pedalare anche la vostra mente leggendo il suo interessantissimo libro perché, ormai si sa, la salute viaggia in bicicletta 😉

 

vi segnaliamo le sue pagine:

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